Un applauditissimo Filippo Timi apre la rassegna collaterale “Luoghi del contemporaneo” della stagione di prosa del Comunale di Vicenza con la sua pièce “Favola, c’era una volta una bambina e dico c’era perché ora non c’è più”. L’artista si riconferma come uno  dei più interessanti attori e registi teatrali della nuova generazione. Lo spettacolo è prodotto dal Teatro Franco Parenti e, in Veneto, è promosso da Arteven.

 

 

La pièce di Filippo Timi è divertente e nerissima. In un interno ambientato negli anni ’50, due amiche, Mr Fairytale e Mrs Emerald, interpretate rispettivamente dallo stesso Timi e da Lucia Mascino, condividono le loro ansie e la loro routine apparentemente perfetta che nasconde, però, segreti inconfessabili.  La vita quotidiana  delle due amiche viene intercalata dalle incursioni dei tre gemelli vicini di casa, interpretati da Luca Pignagnoli. Le due donne sono talmente condizionate dalle regole ferree della borghesia che sembra che nemmeno in casa, tra di loro, riescano a liberarsi davvero se non tramite dei modi molto forbiti ed eleganti . Nel loro esprimersi risultano deliziose, tragicomiche e grottesche. Il teatro di Timi è un crossover tra vari generi, si incrocia con il cinema horror di serie B di quei tempi, con i grandi gialli di Hitchcock, la pubblicità, il teatro dell’assurdo, la commedia. In tutto questo turbinio di colori, battute ripetute allo sfinimento, schiaffoni, pianti  tragicomici e risate irresistibili, esiste anche una venatura di poesia che non è una semplice allure al tutto, ma un elemento imprescindibile che tiene insieme tutti gli altri. Filippo Timi in questa pièce è drammaturgo, regista, protagonista, scenografo. Ho cercato di capire, insieme a lui, alcuni punti della sua scrittura e del concept dello spettacolo.

 

 

Hai intitolato la pièce “Favola”, ma sembra che ciò che rimanda al fiabesco sia solo il classico incipit “C’era una volta”. Il tuo testo è crudele  e spietato. Come mai hai creato questo contrasto tra un titolo così evocativo e sognante e un contenuto invece così duro?

“In ogni favola c’è anche il contrario: a me quello che mi affascina di Cappuccetto Rosso è il lupo cattivo. Più una favola comincia aperta, tranquilla, rosa, colorata, più il lupo è cattivo, nero e mostruoso. Dentro a questo c’è anche la critica a quel mondo borghese, dove apparentemente va tutto bene ma invece sotto c’è un mondo che sta crollando: infatti, fino a quando Mrs Fairytale riesce a reggere quel mondo, immobile come imbalsamata, apparentemente va tutto bene ma lei non vive; appena comincia a vivere davvero, crolla tutto e questo è molto sano.”

 

Le donne che tu mostri sono di un’eleganza sontuosa, vanno oltre la perfezione, sembrano dei modelli irraggiungibili e hanno una personalità altrettanto sganciata dalla realtà. Perché la loro alienazione corrisponde alla loro assoluta perfezione estetica?

“Sì, perché è quel mondo lì, il mondo maschile che vuole le donne perfette che sogna che le madri devono essere vergini, è quello dietro quella ricerca di perfezione che è assurda e impossibile, poi internamente c’è qualcosa che si muove e ci sono i terremoti.  Poi nello spettacolo c’è anche tutto un discorso sull’estetica degli anni ’50, che  è un’altra cosa.”

 

Il monologo sulla vecchiaia è impietoso e anche gli stacchi pubblicitari, tra un cambio di scena e l’altro, rimandano sempre al timore di invecchiare. Come mai questa ossessione per l’aspetto fisico?

“In  me no, ma apparteneva a quel tempo: guarda caso le pubblicità che si facevano in quegli anni erano tutte sull’invecchiamento, come a indurre il genere femminile a pensare che se sei giovane e bella va bene altrimenti ciao. C’èra la battuta di un’attrice comica che diceva che un uomo a 50 anni con la pancetta è rassicurante una donna con la pancetta è un cesso. Non vale, non è giusto!”

 

La scrittura di questa pièce è molto veloce ma mostra delle dinamiche creative davvero molto complesse. Tutto è estremamente ricco di dettagli molto distinguibili ma che incatenati tra loro creano un’atmosfera leggera ma contemporaneamente angosciante, e magicamente questo mix fa molto ridere.  Tutto sembra quasi musicale. Tu ti approcci alla scrittura teatrale come se fosse una composizione impiegata in altre arti come musica, foto o pittura?

“Sì e no, nel senso che è chiaro che la pièce, giocando sul paradosso, provoca delle ilarità. Siamo come un trio che suona jazz, nel senso che, appunto, alcuni tempi sono quelli e possono solo essere quelli . C’è un ritmo, però è vero che i discorsi che si affrontano sono tremendi, ma proprio perché sono così tremendi la leggerezza è fondamentale per raccontarli, sennò diventerebbe di una pesantezza mostruosa.”

 

La scenografia l’hai disegnata tu stesso con elementi d’arredo originali anni ’50 che hai cercato personalmente. Visto che ci sono infiniti riferimenti cinematografici, a parte Hitchcock ma anche tipo “Ai confini della realtà”, anche per l’arredamento ti sei ispirato a qualche film o telefilm dell’epoca?

“No, ho fatto shopping su Ebay! Le cose che mi piacevano le compravo, mi sono dato un budget e basta.”

 

I costumi di Miu Miu sono di grande rigore filologico e addirittura avete ricreato il vestito bianco e nero di Grace Kelly ne “La finestra sul cortile” e il tailleur di Kim Novak in “Vertigo- La donna che visse due volte”.   Hai collaborato attivamente con lo staff di Miu Miu, specificando dettagli eccetera oppure hai dato delle indicazioni più generiche e loro ti hanno fatto delle proposte?

Avevo Fabio Zambernardi, che è lo stilista che lavora per Prada e lui è stato il vero creativo degli abiti:  è stato più lui a propormi e io subito, totalmente, qualsiasi cosa, ho accettato. Lui è bravissimo.”

Rimanendo su Hitchcock: lui spesso esprimeva la suspense tramite un’ironia sadica e beffarda, pensiamo alla cameriera di “Nodo alla gola”, che riceve disposizione di allestire la cena sulla cassapanca dove è nascosto il morto, oppure a Marnie che crede di essere da sola in ufficio quando ruba, si accorge della signora delle pulizie, le cade la scarpa dalla tasca e ci accorgiamo noi, insieme a lei, che la signora è sorda. Questa tecnica di creare nello spettatore cinematografico un desiderio non realizzabile di aiutare il protagonista in difficoltà, mostrando al pubblico qualcosa in più, di cui il soggetto non è a conoscenza, può essere sfruttata in maniera diversa anche a teatro secondo te?

“Ovvio! La puoi usare, ma in questo contesto era perfetto perché è proprio anni 50: la costruzione di generi che si accavallano, si va dall’horror fino ad arrivare alla fantascienza e in questo caso è perfetto.”

 

È vero che stai lavorando ad una trasposizione cinematografica della pièce?

“Sì e no: mi piacerebbe, è complicato ma c’è una mezza idea. Mi divertirebbe molto.”

 

E che effetto possono sortire, al cinema, tutti i gesti ricorsivi e ripetuti che vediamo a teatro?

“Beh è chiaro che se la fai al cinema devi riscriverla, una cosa è per il teatro e una per il cinema, c’è proprio una riscrittura.”

 

 

 

i bozzetti dei costumi si possono guardare  a questo link

http://www.vogue.it/people-are-talking-about/musica-teatro-cinema/2011/04/filippo-timi-favola

 

 

 

Tournèe

(tutte le info dettagliate su www.filippotimi.com )

 

14/15 dic

MESTRE  Teatro Toniolo

 

17/18 dic

CASTELFRANCO VENETO Teatro Accademico

 

20 dic

 

ANCONA Teatro Sperimentale

 

14-gen

SARONNO Teatro Giuditta Pasta

 

15-gen VIGNOLA Teatro Ermanno Fabbri

 

17/22 gen  NAPOLI Teatro Bellini

 

24-gen

CREMONA Teatro Ponchielli

 

25/26 gen GENOVA Teatro dell’Archivolto

 

27-gen

IMPERIA Teatro Cavour

 

28/29 gen

LA SPEZIA Teatro Civico

 

31 gen – 5 feb  TORINO Teatro Stabile di Torino

 

 

 

 

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