Domenica 20 novembre la stagione della musica sinfonica del Teatro Comunale di Vicenza si è aperta con lo spettacolo “Ping  il suono globale”. Il programma prevedeva l’esecuzione del terzo ritratto dell’opera “Three Portraits” della compositrice emergente Cynthia Wong, in prima assoluta, il Walzer n.2 della Seconda Jazz Suite, il Concerto n. 2 in Fa maggiore per pianoforte e orchestra op.12, entrambi di Dimitri Shostakovich e la Sinfonia n.8 in Fa maggiore op.93 di Beethoven. Lo spettacolo è stato eseguito dall’Orchestra del Teatro Olimpico, diretta dal Maestro di fama internazionale Silvia Massarelli, al pianoforte il giovane e premiatissimo Davide Franceschetti. Il pubblico del TCVI ha accolto con molto calore l’esecuzione e i musicisti hanno offerto due “fuori programma”.

Fino al 17 dicembre, inoltre, nel foyer del TCVI sarà possibile visitare la mostra “Improvviso. Scatti all’Orchestra del Teatro Olimpico”, realizzata dai Fotografi di Confartigianato, che dal 21 dicembre 2011 al 14 gennaio 2012 verrà poi ospitata nelle sale di ViArt, Centro Espositivo dell’Artigianato Artistico a Palazzo del Monte.

In occasione dell’inaugurazione della stagione sinfonica, ho incontrato il direttore artistico dell’Orchestra del Teatro Olimpico, Maestro Massimiliano Frani, la compositrice Cynthia Wong e il pianista Davide Franceschetti.

 

Il programma della serata prevede tre opere molto diverse tra loro. Cos’hanno in comune queste tre composizioni?

Massimiliano Frani: “È tutta grande musica: strepitosa emotiva ed emozionante, tutti grandi capisaldi della musica. Penso che  tra alcuni anni sentiremo parlare di Cynthia, pur essendo così giovane. È una scommessa ma i laboratori di ricerca e coloro che si pongono la meta e l’obiettivo di produrre hanno il credo e la responsabilità di fare della ricerca e di mettere grandi compositori come Shostakovich e Beethoven con una grande compositrice emergente.”

 

Lo spettacolo si chiama “Ping il suono globale”, il ping  è anche un segnale che viene mandato da un computer all’interno di una rete per verificare la risposta di un altro computer presente nella stessa rete. Come mai hai pensato a questa situazione per dare il nome alla serata?

“È successo per coincidenza. Ho l’impressione che, sia a livello di cultura globalizzata che cittadina, la musica classica abbia bisogno di inviare un messaggio inequivocabile. La cosa che mi è piaciuta del termine “ping” è che è un messaggio molto semplice e molto corto, fondamentalmente è una scossa di energia che ineluttabilmente ti dà la prova dell’esistenza di qualcosa. A Vicenza c’è una grandissima tradizione però, per quanto riguarda il settore della sinfonica, ho avvertito questo momento di necessità di cambiamento e rinnovamento.”

 

Nel programma di sala ci sarà una poesia di un autore contemporaneo, come mai avete pensato alla poesia per raccontare una musica priva di parole?

“Questa domanda pone tantissime questioni dal punto di vista estetico e musicale: non è un’unione per dare un programma alla musica, né il vezzo di dare un corpo alla musica perché la musica non ha bisogno né di programma né di messaggio, però mi sono posto il problema di invitare le persone ad un concerto così come le invitiamo ad una cena e diciamo: “questa sera serviamo un primo fatto di…”. Se nella descrizione del primo o del secondo c’è qualcosa di assolutamente incomprensibile, allora la persona non sa che direzione prendere o cosa aspettarsi. La musica non ha bisogno di aspettative, le può stravolgere e magari lo fa, ma mi sono chiesto quanti di noi vanno a un concerto e vedono “concerto in Re minore, opera 30, primo tempo, allegro assai, secondo tempo adagio assai”: per molti di noi “adagio assai” è una cosa lenta e basta, non mi dà nessun appiglio immaginifico che posso usare. Allora ho chiesto a Marco Scarpa di scrivere delle righe evocative per dare un profumo che si riesca a comprendere, così come quando si entra in un ristorante e c’è un profumo che riesci a comprendere: se ci fosse un profumo che non riesci a categorizzare, allora hai un problema di approccio, comunicazione e avvicinamento a quell’evento. Io volevo appunto che ci fossero meno problemi ad avvicinarsi alla nuova musica.”

 

 

Cynthia, ho visto un’intervista in cui dicevi che prendi ispirazione da ciò che vedi, come la natura, i paesaggi eccetera. Tu sei molto giovane: quando ti sei resa conto di essere portata verso la musica e quando hai deciso che la musica classica sarebbe stato il modo migliore per esprimerti?

Cynthia Wong: “Ho cominciato a comporre quando avevo 8 anni, cominciai improvvisando al piano, non è stata necessariamente una scelta intenzionale, quella di comporre a 8 anni, ma sicuramente ha avuto un certo appeal e ho una forte attrazione verso la composizione.”

 

L’Orchestra del Teatro Olimpico suonerà una parte della tua composizione. Di cosa si tratta esattamente?

“Penso che l’interpretazione dipenda dall’ascoltatore: come in un quadro impressionista, con tanti puntini diversi e varie consistenze, se ti siedi molto vicino al palco avrai un’esperienza completamente diversa da quella che avrai se invece ti siedi in fondo. A dire il vero è meglio se l’ascolti seduto in fondo perché riesci a sentire l’opera nella sua completezza: proprio come avviene per un quadro impressionista, da vicino noti delle strutture e delle consistenze molto particolari, da lontano puoi valutare il quadro nella sua completezza.”

 

Oggi i compositori sono molto interessati e appassionati nei confronti dell’elettronica. Pensi che la nuova musica classica potrebbe trarre giovamento dall’utilizzo dei nuovi dispositivi?

“Se per tecnologia intendi strumenti elettronici, è un’area che non ho molto esplorato, uso le tecnologie giusto per scrivere le partiture.”

 

Negli ultimi anni ci sono state collaborazioni tra orchestre sinfoniche e celebri produttori di musica dance elettronica e in passato molte orchestre hanno suonato con rock bands. Cosa pensi di questi crossover?

“Li trovo molto divertenti! Conosco molta gente che li apprezza e che li fa, io ho fatto improvvisazione jazz con dei musicisti, è stata una bella collaborazione molto arricchente: puoi sperimentare, io vado dentro al piano, sono davvero molto divertenti.”

 

Davide, tu hai vinto numerosi premi in tutto il mondo, il primo a soli 17 anni. Quali sono i Paesi dove c’è maggiore attenzione per la classica?

Davide Franceschetti: “Ultimamente, in base alla mia esperienza, ho avuto un’ottima impressione in Cina e ho notato grande attenzione ed entusiasmo soprattutto tra i giovani, che qui manca.”

 

Sembra appunto che non ci sia un grande pubblico giovane per la classica, ma che l’interesse verso questo tipo di musica rimanga riservato ai ragazzi che suonano uno strumento. Succede solo in Italia?

“Spesso gli studenti  dei conservatori non vengono ai concerti e questo è anche  grave. Spesso denoto un disinteresse ad assistere ai concerti di musica classica.”

 

E come mai?

“Non glielo so dire, forse perché vedono l’evento del concerto classico come qualcosa di superato o semplicemente non interessa più di  tanto questo campo della musica. Anche studiando uno strumento sono più vicini ad altri repertori, più vicini alla loro vita e al loro mondo.”

 

 

 

 

 

 

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